DA MANO A MANO
La tarantella siciliana come espressione dell’anima
11 Gennaio, Acireale
«La tarantella non è qualcosa di radicato, come spesso si pensa. Nasce nel periodo del fascismo per un’esigenza specifica, ovvero quella di dotarsi di costumi e di spettacoli specifici, che poco hanno a che fare con il ballo tradizionale».
La tarantella – il cui nome deriva dal morso della tarantola e che per concezione scatenava in chi veniva morso un ballo frenetico– era un antico rituale coreutico del Sud Italia. Nasce come il ballo del popolo, dei contadini e dei pastori. In origine portava il nome di U ballettu, anche se assumeva accezioni diverse a seconda della zona in cui veniva praticato. La sua funzione era quella di riunire le persone, creare tra loro armonia e riequilibrare quelli che potevano essere i conflitti all’interno del villaggio.
Non esisteva un palco, una disposizione frontale o dei passi da seguire. Era un’espressione dell’anima di chi danzava, che seguiva 2 o 3 passi base che potevano variare da una zona all’altra. Si batteva il piede a tempo e si faceva sapientemente uso dello spazio e delle figure codificate.
Si ballava in coppia, mentre i restanti si disponevano in cerchio. U mastru i ballu introduceva due persone e poi a giro si univano gli altri. Ciò che emergeva era l’individualità, la differenza di stile, l’interpretazione, ognuno dimostrava le proprie caratteristiche espressive.
«Oggi il nostro ballo è influenzato da quello calabrese che è molto più veloce e viene suonato da un tamburello diverso», ci dice Margherita Badala – Danzatrice, Insegnante del Metodo Feldenkrais, Danzaterapeuta e Ricercatrice di Danze Tradizionali del sud Italia. «Ovviamente mi dispiace, ma sono processi contro cui non puoi interferire».
Credit to: Margherita Badalà
www.margheritabadala.it